Il rincaro dei costi energetici, peserà enormemente sulle imprese italiane, per 13,7 miliardi di euro in più rispetto al 2024, pari al +19,2%. Sono i conti fatti dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia) secondo cui la spesa complessiva dovrebbe toccare gli 85,2 miliardi, di cui 65,3 per l'energia elettrica e 19,9 per il gas. E a pagare il conto più salato dovrebbero essere soprattutto le imprese del Nord Italia, perché si tratterebbe certamente di quelle con una produzione più consistente e di tipo industriale, praticamente quasi due terzi dell'aggravio complessivo.
Cgia: "Così come accaduto negli anni passati, potremmo trovarci davanti a un’impennata dei prezzi del gas e dell’energia che rischiano di provocare una spirale inflazionistica. Ricordiamoci che nel biennio 2022-2023, la crisi energetica ha causato una significativa perdita del potere d’acquisto per lavoratori dipendenti e pensionati; senza contare l’aumento dei tassi d’interesse e quindi il costo maggiore del denaro che ha messo in difficoltà investimenti e crescita del Pil. Ma c’è dell’altro. Gli esperti paragonano l’inflazione a una “tassa ingiusta”: infatti, riduce la quantità di beni e servizi acquistabili da tutti noi ed è particolarmente dura con chi è già economicamente fragile".
Per contrastare efficacemente il rallentamento economico in corso, in primo luogo - conclude la Cgia - dobbiamo evitare il crollo dei consumi interni, obiettivo che potrebbe non essere conseguito se l’inflazione, a causa di un forte impennata dei prezzi dei prodotti energetici, dovesse tornare a crescere. In secondo luogo è necessario spendere bene ed entro la scadenza (31 agosto 2026) le risorse del Pnrr ancora a nostra disposizione; praticamente 130 miliardi di euro.
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